Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 30 maggio 2020.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Le nostre decisioni su quando agire originano in un circuito proencefalo-sostanza nera. Un aspetto importante del processo decisionale umano – spesso trascurato negli studi di decision-making – riguarda se in un determinato istante temporale vale la pena compiere una qualsiasi azione. Fino ad oggi non si conosceva la base neurofunzionale in grado di spiegare come si decide che vale la pena agire. Mattew F. S. Rushworth, con Nima Khalighinejad e altri, realizzando un semplice modello che tiene conto degli elementi-chiave presenti nell’ambiente, hanno studiato mediante scansioni in risonanza magnetica UF (ultrahigh-field MRI) l’encefalo umano nelle circostanze in cui avviene la decisione. In tal modo, hanno scoperto un circuito polistratificato che ha origine ben oltre le aree del lobo frontale mediale (tipicamente associate all’avvio delle azioni volontarie umane nel proencefalo basale e nel tronco encefalico), converge sui neuroni dopaminergici della substantia nigra mesencefalica e, solo dopo questa importante sede sinaptica, si caratterizza per la proiezione allo striato e alla corteccia. Nel tratto nigrostriatale si genera l’avvio dell’azione propriamente intesa.

Il lavoro è stato letto e approvato dal neuroscienziato cognitivo Michael S. Gazzaniga, ex collaboratore del Premio Nobel Roger Sperry e pioniere degli studi sui pazienti con cervello diviso[Cfr. Nima Khalighinejad et al., PNAS USA 117 (21):11799-11810, 2020].

 

Lo stomaco è influenzato da varie aree della corteccia cerebrale. Per la neurofisiologia classica il controllo corticale di un viscere era un’eresia! David J. Levinthal e Peter L. Strick hanno identificato le aree corticali che influenzano lo stomaco nel ratto. I neuroni di output nell’insula (di Reil) rostrale costituiscono la principale fonte di influenza corticale sul controllo parasimpatico dell’organo gastrico, mentre i neuroni di uscita delle aree sensomotorie della corteccia sono la maggiore fonte di influenza sull’innervazione ortosimpatica. In tal modo, aree che controllano azione, endopercezione ed emozione possono direttamente modulare reazioni al livello dello stomaco. [Cfr. Levinthal D. J. et al., PNAS USA – AOP doi: 10,1073/pnas.2002737117, 2020].

 

Ancora dispute sull’esistenza di una funzione primaria del sonno. Il sonno è regolato omeostaticamente e sono state fatte molte scoperte sui meccanismi fisiologici di regolazione del sonno. Una lunga lista di funzioni – a cominciare dal riequilibrio sinaptico necessario al buon funzionamento della working memory e al consolidamento selettivo degli apprendimenti, per finire con i controlli neurovegetativi di base – è alterata dalla deprivazione di sonno e reintegrata dal suo recupero. Ma, alcuni studiosi come Benington, ancora non accettano che il ruolo del sonno possa consistere nell’assicurare la fisiologia di tali funzioni, e continuano a sostenere che deve esistere una funzione unica del sonno, che dobbiamo definire ipoteticamente e poi provare sperimentalmente. In una discussione sviluppata su questo tema in seno alla società, la reazione provocatoria del nostro presidente è stata questa: “Che Benington definisca la funzione della veglia!” [Cfr. Benington J. H., Sleep 23 (7): 959-966, 2000].

 

Un erbicida causa disturbi autistici nella prole per esposizione della madre. Chiarito il meccanismo molecolare mediante il quale l’esposizione della madre durante gravidanza e allattamento al glyphosate, un erbicida già indagato per le potenzialità tossiche, causa nei figli un disturbo simile a quelli dello spettro dell’autismo (ASD). L’epossido idrolasi solubile (sEH) nel cervello della prole aveva livelli molto più alti di quelli fisiologici, e il trattamento con un sEH-inibitore si è mostrato in grado di prevenire lo sviluppo della sintomatologia. [Cfr. Pu Y. et al., PNAS USA 117 (21):11753-11759, 2020].

 

Reale incidenza della Depressione post-partum e differenza con il “baby blues”. La donna attraversa, durante la gravidanza e nel periodo del parto, fasi di profondi cambiamenti fisiologici governati da differenti pattern ormonali e assetti funzionali che implicano il succedersi di regimi di attività cerebrale, influenti sul tono affettivo e sulla reattività agli eventi e interpersonale. In molte donne il parto genera uno stress fisico ed emozionale molto intenso, che può riflettersi in alterazioni metaboliche ed idro-elettrolitiche influenti sulla fisiologia cerebrale e mentale, in un modo spesso fortemente condizionato dallo stato psichico pregresso, particolarmente se sono presenti disturbi psicopatologici.

In condizioni fisiologiche, subito dopo aver messo al mondo un bambino, la madre può fare esperienza di uno spettro di stati affettivi che vanno da gioia e piacere a tristezza e scoppi di pianto improvvisi. Quando prevale un basso tono dell’umore, con la tendenza a melanconia, nostalgia, svilimento, senso di inutilità e facilità a commuoversi di parla di baby blues. Anche se a differenza del passato non si riduce questo stato reattivo ad una semplice conseguenza delle profonde oscillazioni ormonali che hanno sconvolto l’omeostasi abituale, è ben nota la rapida e favorevole evoluzione nel corso dei giorni, con una completa risoluzione entro un massimo di due settimane e senza mai il verificarsi di apprezzabili variazioni nello stile di personalità.

Si stima che una donna su sette possa sviluppare una vera depressione post-partum (PPD), ossia un disturbo depressivo reattivo all’evento, ma caratterizzato da tutta la sintomatologia di una vera depressione, con un cambiamento più profondo che interessa la personalità, e nelle donne predisposte può esitare in una psicosi post-partum con deliri, allucinazioni e cambiamenti stabili nell’ideazione. Un aspetto spesso drammatico nella PPD è la compromissione del rapporto madre-figlio. In termini fenomenico-comportamentali, la differenza più evidente con il baby blues è costituita dalla lunga durata.

Saba Mughal e colleghi osservano che nella PPD al cambiamento comportamentale corrisponde un’alterazione delle risposte cerebrali. I ricercatori nella loro osservazione confermano quanto rilevato nel 2006 da Beck, ossia che circa la metà dei casi di PPD nelle primipare non è diagnosticato perché il problema viene spesso negato dalle donne e celato dai più stretti congiunti. Una delle ragioni, secondo Mughal, è il timore di essere stigmatizzata quale “cattiva madre”. [Saba Mughal et al. Postpartum Depression, StatPearls Publishing, Treasure Island (FL), 2020].

 

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BM&L-30 maggio 2020

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